La chiarezza non è una qualità soggettiva: si può misurare.
E in comunicazione politica, misurare la chiarezza è il modo più rapido per capire se il messaggio sta davvero arrivando alle persone o se si sta solo parlando tra addetti ai lavori.
Un audit di chiarezza serve proprio a questo: mettere alla prova la propria comunicazione con metodo, non con impressioni.
Bastano 60 minuti e un piccolo team di lavoro per ottenere tre risultati concreti: sapere dove si perde l’attenzione, come migliorare subito e cosa fissare come priorità per il mese successivo.
Perché fare un audit di chiarezza
In politica, la pressione a “pubblicare” è costante. Ma la quantità di contenuti non è un indicatore di efficacia.
Un audit di chiarezza ribalta la prospettiva: misura la qualità della ricezione, non la produttività del team.
Capire se le persone hanno compreso il messaggio è più importante che contare quante lo hanno visto.
Fare un audit periodico — anche solo una volta al mese — aiuta a mantenere coerenza, evitare ripetizioni, migliorare tono, ritmo e formato.
Il metodo in quattro passaggi
1. Seleziona 10 contenuti rappresentativi
Scegli post, video o articoli pubblicati negli ultimi 30 giorni.
Devono coprire formati diversi (social, newsletter, sito) e obiettivi diversi (informazione, presa di posizione, rendicontazione).
L’obiettivo non è trovare i “peggiori”, ma avere una panoramica reale di ciò che produci.
2. Analizza la retention e il punto di caduta
Per ogni contenuto, guarda i dati di permanenza o visualizzazione:
- Dove cala l’attenzione?
- A quale frase o immagine le persone smettono di guardare?
- I primi 5 secondi spiegano chiaramente di cosa si parla?
Annota in una tabella tre voci: inizio, momento di drop, motivo ipotizzato.
Questo è il cuore dell’audit: capire non quanto ti guardano, ma fino a dove.
3. Valuta la leggibilità del messaggio
Leggi il testo o ascolta il parlato ad alta voce.
Rispondi insieme al team a cinque domande:
- Si capisce subito di cosa tratta?
- La tesi è formulata in una frase chiara e breve?
- Ci sono troppe subordinate o termini tecnici?
- C’è almeno un esempio concreto o un dato verificabile?
- Il tono è coerente con l’obiettivo (informare, convincere, rendicontare)?
Ogni “no” vale un punto da correggere.
4. Definisci tre azioni rapide e una scelta strategica
Le azioni rapide sono correzioni operative per i prossimi contenuti:
- accorciare le aperture,
- eliminare parole ridondanti,
- sostituire un paragrafo con un esempio visivo,
- migliorare sottotitoli o formati verticali.
La scelta strategica, invece, riguarda il quadro complessivo:
- un tema da presidiare meglio,
- un canale da potenziare,
- un tono di voce da uniformare.
Scrivi tutto in un file condiviso e assegna una responsabilità a ciascun punto.
Strumenti minimi per l’audit
Non serve software complesso: bastano una tabella Excel o un foglio condiviso con tre colonne:
- Contenuto analizzato
- Osservazioni di chiarezza (testo, ritmo, visual)
- Azioni proposte
Completa la sessione con una restituzione sintetica: un documento di una pagina con le tre azioni rapide e la decisione strategica.
Il valore dell’audit
Un audit di chiarezza non è un esercizio di revisione, è una pratica di consapevolezza.
Ti obbliga a guardare i tuoi contenuti non da autore, ma da pubblico.
E nel tempo costruisce un vantaggio competitivo: la capacità di vedere i propri difetti prima che lo facciano gli altri.
Un’ora al mese basta per migliorare la comprensibilità di tutta la comunicazione di un partito, di un candidato o di un’istituzione.
Sessanta minuti di analisi valgono più di cento post pubblicati di fretta.
Perché la chiarezza non è solo un obiettivo di stile: è una strategia di fiducia.